Cenni..
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La miniera Cozzo Disi
è stata sino al 1964 una delle
più grandi miniere di zolfo d'Italia
e, dopo la chiusura di Perticara e di
Cabernardi, la più grande in assoluto.
L'attività estrattiva è
definitivamente cessata nel 1988, in conformità
a quanto disposto dalla legge regionale
n. 34, che ha sancito la chiusura delle
miniere di zolfo siciliane.
Ma, mentre le altre miniere sono state
in pratica completamente abbandonate,
la Cozzo Disi è stata tenuta in
manutenzione sino al 1992, provvedendo
anche all'eduzione delle acque.
Nel novembre del 1990 l'Ente Minerario
Siciliano, che aveva il possesso di tutte
le miniere di zolfo, con un atto amministrativo
platealmente sottoscritto in sotterraneo,
ha formalizzato la consegna della miniera
all'Assessorato regionale alla Presidenza
quale proprietario di tutti i beni demaniali
regionali.
A questo punto l'Ente Minerario Siciliano
non aveva più titolo per continuare
a gestire la manutenzione e l'eduzione
delle acque.
Pure, ha continuato a farlo sino alla
fine del 1991, quando, a seguito di un
guasto alle pompe di eduzione, che nessuno
ha provveduto a riparare, ha ritirato
tutto il personale e la miniera è
stata abbandonata al saccheggio, alla
devastazione e all'allagamento.
Intanto, con la legge regionale n. 17
del maggio 1991, erano stati istituiti
quattro musei minerari regionali con sede,
rispettivamente, nelle miniere Gessolungo
e La Grasta di Caltanissetta, nella miniera
Trabia Tallarita di Riesi e Sommatino
e nella miniera Ciavolotta di Favara ed
era stata istituita la miniera museo di
Cozzo Disi.
La Regione, quindi, aveva tempestivamente
recepito l'importanza del patrimonio minerario
quale risorsa per la gestione del territorio.
Purtroppo, però, alla l.r. n.17/91
non ha fatto seguito alcun altro provvedimento
fino al 1996, quando, con la legge regionale
n. 3/96, è stato stanziato un miliardo
delle vecchie lire per la "salvaguardia
delle infrastrutture in sotterraneo della
miniera museo di Cozzo Disi".
Questo finanziamento ha consentito il
ripristino della galleria "flottazione"
e di un'altra galleria posta quindici
metri più in basso e che è
collegata a questa mediante una discenderia,
costituendo un circuito sotterraneo in
entrata e in uscita che potrebbe gia essere
fruibile per il pubblico, che chiede sempre
più insistentemente di visitare
la miniera.
Nel 2001 è stato stanziato un altro
miliardo che sarà utilizzato per
il ripristino di impianti, che erano funzionanti
sino al 1992 e che sono stati semidistrutti
durante i cinque anni di abbandono.
Ma due miliardi di vecchie lire in dieci
anni sono ben poca cosa.
Questa miniera, sulla scia di quanto è
stato realizzato ed è gia fruibile
sia in Italia sia in altri paesi europei,
può costituire, se opportunamente
valorizzata, un forte richiamo turistico.
Il suo sotterraneo, ben conservato sino
all'ottavo livello, cioè per circa
duecentotrenta metri di profondità,
conserva peculiarità mineralogiche
e naturalistiche di particolare rarità
ed in qualche caso uniche al mondo, come
le "grandi garbere" del terzo
livello, che sono maestose cavità
carsiche, con le pareti ricoperte da immensi
cristalli di gesso di eccezionale purezza
e trasparenza.
Testimoni oculari riferiscono di cristalli
di dimensioni superiori a due metri.
Al dodicesimo livello il giacimento solfifero
è quasi intatto.
Percorrere gallerie scavate nel minerale
di zolfo e vedere brillare alla luce delle
lampade i cristalli, sia di zolfo sia
degli altri minerali che lo affiancano,
è particolarmente suggestivo.
Per poter mostrare ai visitatori tali
prodigi della natura occorre però
realizzare nuovi impianti di discesa e
risalita.
Questo, unitamente agli impianti di pompaggio
delle acque, è il problema più
urgente della miniera museo.
Il pompaggio delle acque è fermo
da 1992 e le acque hanno gia allagato
i livelli dal nono al dodicesimo.
È, quindi, necessario ed urgente
fermare l'allagamento, se si vuole tutelare
questo straordinario patrimonio, che tanti
ci invidiano, ed iniziare lo svuotamento
delle acque accumulate in questi ultimi
dieci anni.
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